Così scriveva nel 2001, dopo l’11 settembre “Con molto dolore per i morti e per la tragedia, devo dichiararmi perdente e sconfitta perché ho lavorato 70 anni scrivendo esclusivamente in onore e in amore della non violenza e vedo il pianeta cosparso di sangue”
Nanda scoprì la letteratura americana da adolescente, al liceo D’Azeglio di Torino dove aveva come compagno Primo Levi: fu grazie al suo insegnante Cesare Pavese, allora supplente.
Di nascosto, durante il fascismo, tradusse l’Antologia di Spoon River, pubblicata per Einaudi.
Nel ‘43 fu la volta di Addio alle armi, che era stata vietata in Italia perché tacciata di antimilitarismo e per questa traduzione fu arrestata dalle SS. Venuto a conoscenza della disavventura per la traduzione del suo romanzo, Hemingway la volle incontrare e strinse con lei una profonda amicizia.
Il vasto interesse per la letteratura americana la indusse a scegliere il Moby Dick di Melville per la sua tesi di laurea, a cui seguì una seconda laurea in filosofia ad indirizzo pedagogico con Nicola Abbagnano, con una tesi sul valore della simpatia nell’educazione.
Del ‘56 è il suo primo viaggio negli USA, quando entrò in contatto con la Beat Generation. Tradusse Ginsberg, Kerouac, Ferlinghetti. Seguì il riconoscimento di Bob Dylan come poeta e poi dei nostri cantautori De Andrè, Capossela, Jovanotti, Vasco Rossi: credeva infatti in una letteratura fuori dagli schemi accademici.
Alla sua morte seguirono funerali solenni in Carignano, dove 10 anni prima era stata celebrata la scomparsa di De Andrè, che Nanda aveva ricordato nella sua ultima apparizione in pubblico nel 2009.
Don Gallo officiò l’orazione funebre e a Staglieno fu sepolta vicino alla madre.
