È il maggio del 1891, Elvira ha 22 anni, è bella ed ha la testa piena di sogni e progetti.
In via Balbi, dove abita, sta camminando con il cognato verso il bar della stazione Principe, gestito dal padre, dove lavora.
All’altezza di Salita della Provvidenza la attende un giovane, che improvvisamente le si para davanti, pronuncia il suo nome e spara due colpi mortali.
L’assassino fugge, poi va a consegnarsi in questura e confessa. È polacco, ha solo 17 anni ed ha lavorato nel bar della stazione.
Elvira è la sua ossessione.
Fra i legali in sua difesa al processo ce n’è uno di grido, Giacomo Borgonovo, noto per le sue battaglie contro la pena di morte.
Il giovane in carcere si fa tatuare il nome di Elvira e la data del delitto e così si presenta in tribunale. Avrà vent’anni di carcere.
La storia di Elvira purtroppo è ancora attuale: tanti uomini rivendicano il possesso di una donna a qualsiasi costo.
L’epigrafe della sua tomba fu composta da Luigi A. Vassallo, noto giornalista, e si conclude così: “se andate a salutarla, portate anche voi una rosa per i suoi 22 anni perduti”